Una recente sentenza del tribunale di Verona sui problemi di riscossione legati al dm 104/2012, conferma che l'ammontare della parcella dell'avvocato va messo nero su bianco.

 Per riscuotere le parcelle forensi con decreto ingiuntivo è necessario un contratto firmato dall'avvocato e sottoscritto dal cliente, contenente la cifra del compenso richiesta al cliente.

È questa la conseguenza del decreto emesso lo scorso settembre dal tribunale di Verona.

 Dopo l'approvazione dei nuovi parametri, che hanno rivoluzionato il sistema delle vecchie tariffe professionali, l'ordine degli avvocati non può più vidimare le parcelle dei legali.

Pertanto, per ottenere l'ingiunzione di pagamento, è necessario allegare alla richiesta di decreto ingiuntivo, una diversa prova scritta che non sia, appunto, il parere dell'Ordine. Tale prova sarà quindi il contratto professionale con il cliente, che indichi in modo analitico l'onorario.

Alla mancanza di determinazione delle cifre del compenso non può sopperire la vidimazione dell'ordine professionale. L'alternativa sarebbe, allora, una causa ordinaria, con tempi più lunghi e maggiori costi.

La questione nasce dal contenzioso tra un avvocato che aveva stipulato, con il proprio cliente, un contratto, nel quale, per la determinazione del compenso, aveva richiamato i parametri del Dm 140/2012, ma senza indicare l'importo dell'onorario. Al perpetrarsi della morosità del cliente, il legale aveva presentato le parcelle all'ordine, che le aveva vidimate; infine il creditore aveva proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Ma il tribunale aveva rigettato l'istanza.

La motivazione del giudice è importante per determinare, da oggi in poi, il da farsi.

Il tribunale di Verona ricorda che il decreto legge 1/2012 ha tolto agli ordini la funzione di vidimare le parcelle per i crediti relativi a contratti professionali successivi al 25 gennaio 2012. Da quella data, il credito del professionista va determinato in base ai parametri introdotti dal dm 140/2012. Ciò perché l'art. 9, comma 2, dl 1/2012, convertito dalla legge 27/2012, prevede che nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso sia determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante.

Questa norma, secondo il tribunale veneto, ha tacitamente abrogato il primo comma dell'art. 2233 cod. civ., escludendo la necessità, per il giudice che debba procedere alla liquidazione, di sentire l'Ordine.

Inoltre le soglie numeriche individuate dal dm 140/2012 non sono vincolanti nei minimi e nei massimi e i parametri costituiscono un criterio meramente orientativo, utile al giudice per adeguare la liquidazione alle caratteristiche del caso concreto.

Nel nuovo sistema, conclude il tribunale, la verifica del credito del professionista presuppone una indagine approfondita sull'attività svolta e questa indagine non può che essere appannaggio del giudice.

 Insomma, la valutazione sulla congruità dell'attività e dell'onorario richiesto, che prima spettava all'Ordine, è ora rimessa esclusivamente al magistrato.

In sintesi. Gli avvocati, non possono più azionare il proprio credito con la parcella vidimata, ma dovranno ricorrere a quello fondato su prova scritta, secondo la regola generale valevole per tutti i creditori.Per i contratti in cui si richiama genericamente il dm 140/2012, senza indicare l'importo del compenso, l'avvocato non può chiedere un decreto ingiuntivo presentando la parcella vidimata

The content of this article is intended to provide a general guide to the subject matter. Specialist advice should be sought about your specific circumstances.