Le attuali circostanze economiche nelle quali le società si trovano ad operare, impongono una gestione quanto più oculata delle proprie attività e delle proprie risorse nonché, in determinate casi, la tempestiva adozione di opportuni provvedimenti tali da consentire il ripristino dell'equilibrio socio-economico violato e il ritorno alla piena operatività sul mercato.

In questa sede si intendono esaminare le possibili strategie operative che il nostro sistema giuridico mette a disposizione delle società, una volta che il capitale risulti essere stato vulnerato, in modo più o meno significativo, da perdite di esercizio.

In quali termini può dirsi sussistente una "perdita"?

E' opinione condivisa che il termine patrimoniale di riferimento, per determinare l'esistenza e l'entità di una perdita, è il capitale sociale "sottoscritto", non dunque quello "versato". Inoltre, così come sostenuto da alcuni Autori (ex ceteribus, Nobili e Spolidoro), fintanto che la perdita è bilanciata o assorbita da riserve a tal fine disponibili, vale a dire non già impegnate a coprire altre specifiche passività, si potrà certo parlare di perdite, ma non di perdita del capitale in senso proprio e tecnico. In altri termini, si può parlare di perdita solo una volta che la stessa ha inciso sul capitale, dopo aver eroso le riserve sociali disponibili.

Quali soluzioni si possono tentare per ripristinare l'assetto economico della società?

Pur premettendosi che le strategie operative sono quanto mai diverse e diversificabili a seconda delle circostanze e dei casi, prima di passarle in rassegna, occorre proprio partire dalla valutazione della entità della perdita, in quanto, vi e' una precisa corrispondenza tra la gravità della situazione riscontrata e i provvedimenti esperibili. All'interno della cornice normativa di riferimento, rappresentata dagli artt. 2446 e 2447 c.c., si possono annoverare le seguenti ipotesi :

  1. perdita di ammontare inferiore ad 1/3 del capitale sociale
  2. perdita di ammontare superiore ad 1/3 del capitale sociale, che non riduce quest'ultimo al di sotto del minimo legale.
  3. perdita di ammontare superiore ad 1/3 del capitale sociale, che riduce quest'ultimo al di sotto del minimo legale (elemento variabile a seconda del tipologia sociale di appartenenza)
  4. perdita di ammontare superiore ad 1/3 del capitale sociale, che riduce il capitale a zero o ad un importo negativo (c.d. "riduzione sottozero")

Dalla quadripartizione desumibile dalla architettura normativa del codice, dunque, si può agevolmente comprendere come la combinazione di due fattori, l'ammontare della perdita superiore ad 1/3 del capitale e l'abbassamento di questo al di sotto del minimo legale, rappresentino l'ideale linea di confine al di là del quale la perdita accertata sconfina nella patologia.

Con riferimento alla ipotesi A. risultando infatti fisiologico che la società possa accumulare nel corso dell'esercizio sociale una perdita di ammontare inferiore o pari ad 1/3, l'assemblea, confidando nel proficuo futuro svolgimento della attività di impresa con conseguente ripianamento delle perdite durante l'esercizio in corso o in quelli successivi, potrebbe finanche considerare l'opportunità di non deliberare alcuna riduzione del capitale. E' chiaro che tale scelta richiederà un'attenta e scrupolosa valutazione, in quanto ad essa consegue la impossibilità di deliberare la distribuzione degli utili che eventualmente emergeranno dai bilanci degli esercizi successivi, fino a quando la perdita non verrà assorbita, secondo quanto disposto dagli artt. 2433, comma terzo, c.c., e 2478-bis comma quinto c.c. In ogni caso, in un siffatto contesto (sempre posto quanto appena evidenziato con riferimento agli utili), qualunque iniziativa tende ad essere meramente "facoltativa". In ogni caso la assemblea sarà libera di seguire diverse strategie, tra le quali l'aumento del capitale a pagamento, la trasformazione e la fusione della società. Affinché l'assemblea sia libera di scegliere, l'ordine del giorno non deve indicare i singoli provvedimenti da adottare, essendo sufficiente l'indicazione "opportuni provvedimenti" e, naturalmente, la menzione dell'ammontare delle perdite.

Con riferimento alla ipotesi B. l'art. 2446 impone che gli amministratori o, in caso di loro inerzia, il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza, convochino immediatamente i soci per la assunzione dei c.d. "opportuni provvedimenti". In essi si possono annoverare, oltre ai versamenti di cui sopra, la riduzione e il contestuale aumento del capitale, l'aumento dello stesso oppure, come sopra premesso (con una significativa differenza, in questo caso), il c.d. "rinvio a nuovo" della perdita. E' necessario predisporre una situazione patrimoniale aggiornata a non oltre 120 giorni, sottoporre all'attenzione del consesso sociale una relazione che illustri le risultanze di detto documento, unitamente alle osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione. I predetti documenti devono restare in deposito presso la sede sociale durante gli 8 giorni che precedono l'assemblea, affinchè i soci possano prenderne visione. Per quanto concerne eventuali fatti di rilievo sopravvenuti alla redazione della relazione, gli amministratori dovranno darne atto nel corso dell'assemblea. Nel caso si opti per il rinvio a nuovo, se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita al di sotto del limite di guardia, l'assemblea ordinaria (in via eccezionale) o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio, dovranno tassativamente disporre la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza di iniziativa, gli amministratori, i sindaci o il consiglio di sorveglianza potranno chiedere che la riduzione venga disposta dal Tribunale, il quale provvede con decreto da iscriversi nel registro delle imprese.

Con riferimento alle ipotesi C. e D., è subito evidente come la situazione di stand-by che caratterizza l'art. 2446 c.c. (ipotesi sub. B) venga meno qualora, a causa delle perdite, il patrimonio netto si riduca al di sotto del minimo legale. In questi casi l'assemblea non avrà più scelta in ordine agli opportuni provvedimenti da adottare, poiché la strada da seguire è segnata dal legislatore in maniera vincolante. Considerato che la riduzione a norma dell'art. 2447 c.c. rappresenta un caso di riduzione obbligatoria del capitale per perdite eccedenti il terzo del capitale stesso, in genere trovano applicazione le disposizioni dell'art. 2446 c.c. (seppure è da sottolineare l'esigenza di un più elevato grado di attenzione da parte degli amministratori nell'accertamento dell'evolversi delle perdite).

Per quanto riguarda invece i profili inerenti alla informazione contabile necessaria a garantire la libertà decisionale dei soci, valgono le stesse considerazioni svolte a proposito delle fattispecie previste dall'art. 2446, cui si rinvia. Al di là della riduzione e del contestuale aumento fino al "minimo", si intravedono, come sopra già precisato, ulteriori possibilità operative. In particolare (sebbene sia discussa in dottrina), si potrebbe procedere ad un aumento in assenza della preventiva riduzione, purchè esso sia in grado di assorbire le perdite, portare la cifra del capitale almeno ad un importo pari al minimo legale, e gli sia data tempestiva esecuzione. In alternativa ancora, l'assemblea della società convocata, ai sensi degli artt. 2447 e 2482 ter c.c. potrà deliberare la trasformazione della società. Al riguardo è opinione prevalente e assolutamente condivisibile che la trasformazione possa essere deliberata senza che occorra preliminarmente ridurre il capitale e che le società di capitali possano trasformarsi in un tipo sociale che non richiede un capitale minimo anche in presenza di un patrimonio netto azzerato o negativo.

In ultima analisi, qualora i soci, essendosi ridotto il capitale al di sotto del minimo legale, non deliberano null'altro, secondo la dottrina non si avrebbe una deliberazione nulla per impossibilità o illiceità dell'oggetto, ma la presa d'atto del verificarsi di una causa di scioglimento cui non si intende ovviare. A tale riguardo, la riforma all'art. 2484 c.c. prevede che la società si scioglie, tra l'altro, « per la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dall' art. 2447c.c.». Sembrerebbe corretto ritenere che la delibera dell'assemblea che constatava l'avvenuta perdita del capitale senza deliberare null'altro non sia soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese

Avv. Giovanni Incardona

The content of this article is intended to provide a general guide to the subject matter. Specialist advice should be sought about your specific circumstances.