Il 31 gennaio 2019 è entrata in vigore la Legge 9 gennaio 2019, n. 3 "Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici" (c.d. "Legge Anticorruzione") attraverso la quale sono state introdotte rilevanti novità sul fronte della prevenzione e del contrasto alla corruzione nella Pubblica Amministrazione.

In considerazione delle modifiche apportate dalla Legge citata al D.Lgs. n. 231/01 in tema di responsabilità amministrativa degli enti (cui ultimo aggiornamento risaliva al 6 aprile del 2018, con D.Lgs.  del 1 marzo 2018, n. 21), segnaliamo le più importanti novità in materia.

In primo luogo, è stata introdotta nel novero dei c.d. reati presupposto una nuova fattispecie, prevista dall'art. 346-bis "Traffico di influenze illecite".

La Legge Anticorruzione ha modificato il testo del reato in parola, che ora recita: "Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita".

La riformulazione della fattispecie in esame è giustificata, sull'onda degli impegni internazionali, dalla necessità di conformarsi in primis all'articolo 12 ("Trading in influence") della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, all'articolo 18 della Convenzione ONU contro la corruzione, e in secondo luogo a quanto richiesto dall'organo di monitoraggio di quest'ultima, ovvero il Group d'etat contre la corruption. Si assiste in questo modo, all'assorbimento della fattispecie di millantato credito nel nuovo articolo 346-bis c.p.. È ora punito chiunque, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico agente, si fa dare o promettere denaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione illecita (anche se la capacità di influenza del mediatore è, nella realtà, inesistente) oppure come prezzo per remunerare il pubblico agente per il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o per omettere o ritardare un atto del suo ufficio.

Non si distingue più fra rapporti sottostanti esistenti o meramente vantati con il funzionario pubblico. A questo proposito, si sottolinea come sia punibile non soltanto il mediatore, ma anche colui che offre denaro o altra utilità. Non si distingue quindi fra posizione del compratore e del venditore d'influenza, entrambi ugualmente puniti per le rispettive condotte.

La clausola di riserva iniziale fa poi emergere la funzione prodromica della nuova condotta incriminatrice, dando atto a quanto aveva già espresso la Cassazione Penale con la sentenza n. 11808 del 2013: "Si tratta di una fattispecie che punisce un comportamento propedeutico alla commissione di un’eventuale corruzione e non è, quindi, ipotizzabile quando sia già stato accertato un rapporto, paritario o alterato, fra il pubblico ufficiale ed il soggetto privato".

Si tratta di un reato-contratto; proprio questa sua natura rende difficile la sua emersione, non essendovi "una vittima" che abbia interesse a denunciare il fatto. Criticità si rilevano inoltre in merito alla stessa condotta di mediazione illecita, ritenuta carente sotto i profili di tassatività e determinatezza, il tutto aggravato dall'aumento della pena edittale, ovvero quattro anni e sei mesi di reclusione.

Alla luce di queste considerazioni, eventuali risvolti in materia 231 potrebbero sussistere laddove gli esponenti di una società agissero quali corruttori nei confronti di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'interesse o a vantaggio dell'ente. Per quanto riguarda invece la cosiddetta corruzione passiva, la società non potrebbe commettere il reato in proprio in quanto essa è sprovvista della necessaria qualifica pubblicistica; potrebbe tuttavia concorrere in un reato di corruzione commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, nel caso in cui fornisse un qualsiasi sostegno, materiale o morale, ai sensi dell'art. 110 c.p., al pubblico funzionario nella commissione del reato.

La Legge in esame è intervenuta sul Decreto 231 anche sotto il profilo sanzionatorio, prevedendo un inasprimento delle sanzioni pecuniarie e interdittive per i reati presupposto di cui all'art. 25 del D.Lgs. 231/01: concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione (oltre al reato di traffico di influenze illecite di nuova introduzione). Ad oggi, dunque, il comma 5, dell'art. 25 del D.Lgs. 231/01 prevede l'applicazione di sanzioni pecuniarie fino a duecento quote e sanzioni interdittive di durata 4 a 7 anni, se il reato è commesso da un soggetto in posizione apicale, e da 2 a 4 anni in caso di reato commesso da sottoposti1.

L'opportunità di adottare e attuare modelli organizzativi idonei a prevenire i reati è rafforzata alla luce del nuovo comma 5-bis dell'art. 25 del D.Lgs. 231/01, che introduce una sorta di ravvedimento operoso, prevedendo l'applicazione di sanzioni interdittive in misura ridotta qualora "prima della sentenza di primo grado l'ente si è efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi".

Per completezza, segnaliamo inoltre le principali modifiche apportate agli artt. 318, 322-bis c.p. e 2635, 2635-bis c.c., in quanto rientranti anch'essi nell'elenco dei reati presupposto della responsabilità ex D.Lgs. 231/01.

Con riferimento al primo reato citato ("corruzione per l'esercizio della funzione"), si rileva un inasprimento della pena della reclusione, che passa nei limiti minimi da uno a tre anni di carcere e nei massimi da sei a otto anni.

Con riguardo all'art. 322-bis, muta innanzitutto la rubrica che è sostituita dalla seguente: "Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti Internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri".

Si è inoltre ampliato il novero dei soggetti attivi cui si applicano le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, c.p. e cioè: "[…] persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di organizzazioni pubbliche internazionali" (comma 5-ter); "[…]membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un'organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali" (comma 5-quater). Da ultimo, il comma 2, numero 2) dello stesso articolo è stato modificato come segue: "a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali". Si rileva quindi la soppressione delle seguenti parole: "qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria".

Relativamente alle fattispecie di "Corruzione tra privati" (art. 2635 c.c.) e "Istigazione alla corruzione tra privati" (art. 2635-bis c.c.) si segnala il passaggio da un regime di procedibilità a querela della persona offesa a un regime di procedibilità di ufficio.

Footnote

1 "Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), e per una durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b)".

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