Liberalizzazione dei nomi dei vitigni in etichetta

La Commissione Europea ci sta ripensando: parrebbe, infatti, sempre più probabile il ritiro dell'atto sulla liberalizzazione dell'uso dei nomi dei vitigni, che avrebbe consentito, in tutti i Paesi dell'Unione europea, di produrre vini e usare il nome di vitigni non legati ad uno specifico territorio.

Oggi, infatti, la normativa europea prevede l'utilizzo in etichetta di denominazioni di vitigni quali Vermentino, Brachetto, Sangiovese e Lambrusco solo per i vini prodotti negli Stati membri in cui tali uve hanno una diffusione tradizionale.

La proposta di modifica di tale normativa europea, invece, mira ad escludere taluni vitigni (tra cui, espressamente, il Lambrusco e il Vermentino) da tale regime di protezione, argomentando che il loro nome non sarebbe direttamente riconducibile all'area geografica di produzione rappresentata dalla DOP/IGP.

Se tale provvedimento fosse approvato, altri Paesi europei (in primis la Spagna), che già ora producono vini identitari come, ad esempio, il lambrusco, potrebbero dare il nome del vitigno al proprio vino.

Per il momento, come si diceva, il pericolo parrebbe scongiurato, ma sarà necessario monitorare con attenzione la progressione dei lavori.

Segni distintivi nel settore vitivinicolo

A livello nazionale italiano, la Corte di Cassazione, con sentenza pubblicata lo scorso 4 febbraio, ha statuito che, nel settore vitivinicolo, 'l'aggiunta del prenome al cognome, specie se accompagnato da ulteriori elementi descrittivi, è sufficiente ad escludere la confondibilità dei segni distintivi delle diverse aziende'.

Il giudizio vedeva opposti due produttori di vino aventi il medesimo cognome e operanti sullo stesso territorio. Avendo precedentemente registrato il marchio della propria azienda (recante in evidenza il proprio cognome), parte attrice contestava l'uso del medesimo cognome quale segno distintivo da parte del concorrente, poiché in violazione dei diritti di esclusiva derivanti dalla registrazione del marchio.

La Suprema Corte, confermando la decisione della Corte d'Appello, ha respinto le domande di contraffazione del marchio e di risarcimento danni, dal momento che, nel caso concreto, il marchio del produttore convenuto in giudizio si differenziava non solo per la presenza del suo prenome, ma anche per il disegno delle colline langarole. Tanto basta, secondo la Cassazione, per ritenere i due marchi non confondibili, soprattutto in un settore come quello vitivinicolo in cui è frequente la presenza di imprese facenti capo a soggetti pressoché omonimi e che utilizzano il proprio nome come ditta o marchio.

Sia la normativa europea sia la giurisprudenza italiana offrono l'occasione per invitare i produttori di vino a considerare con attenzione la scelta del marchio per identificare i propri prodotti.

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